La vita di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, è stata una potente incarnazione del Vangelo e una sua traduzione nella vita sociale e civile. Oggi a Trento l’omaggio del presidente italiano Sergio Mattarella: dal suo esempio impariamo che si può essere forti anche essendo miti. L’intervista al presidente del Movimento politico per l’unità, Mario Bruno
 
Gabriella Ceraso e Michele Raviart – Città del Vaticano 

I cento anni di Chiara Lubich e il suo carisma dell’unità: dal 7 dicembre scorso la fondatrice del Movimento dei Focolari, figura carismatica del XX secolo che, con il suo pensiero e la sua azione in favore della fraternità e della pace, ha lasciato un’eredità diffusa in tutto il mondo, viene raccontata da una serie di eventi, concorsi, mostre, presentazioni di libri, dibattiti. Si tratta di un’occasione straordinaria – dicono gli organizzatori – non tanto per ricordarla con nostalgia, ma per incontrarla oggi nelle migliaia di persone che, seguendo il suo esempio, si spendono per un mondo più giusto e unito, attraverso i movimenti economici, politici e culturali ispirati alla sua spiritualità, come l’Economia di Comunione o il Movimento Politico per l’Unità e in centinaia di progetti in ambito sociale, ambientale e umanitario.

Essere forti nella mitezza

Oggi, 25 gennaio, l’attenzione è tutta rivolta a Trento – città che ha dato i natali a Chiara il 22 gennaio del 1920 – e al Centro Mariapoli di Cadine, dove è stato presente anche il capo dello Stato Sergio Mattarella che Chiara conobbe in Sicilia. “Il carisma dell’ unità di Chiara Lubich è uno dei tratti più forti della sua spiritualità ed è la strada su cui ha camminato per tutta la vita”, ha ricordato il presidente della Repubblica. “La sua testimonianza ha dimostrato che si può essere forti, molto forti, pur essendo miti e aperti alle buone ragioni degli altri” e che anzi, ha aggiunto, “soltanto così si è davvero forti”.

Dall’unità alla fraternità

L’unità per Chiara Lubich, ha detto Mattarella è un segno della sua fede che si è riversato su comportamenti concreti oltre i confini della Chiesa fino a una sorta di “categoria politica” della fraternità. Delle tre parole chiave della rivoluzione francese, ha ribadito il presidente, “la fraternità è stata quasi relegata in secondo piano, ma è un elemento cruciale della convivenza, un fondamento di civiltà ed è anche un motore di benessere”. “L’Europa, le relazioni internazionali”, ha affermato, “le nostre stesse democrazie hanno bisogno di questo senso di fraternità, perché senza fraternità rischiamo di essere esposti al dominio dei soli interessi o delle paure che nascono dai grandi mutamenti”.

 

L’evento a Trento

Chiara, cittadina italiana e cittadina del mondo riconosciuta come “artigiana di pace per il suo costante impegno a gettare ponti di pace e di unità tra persone, generazioni, ceti sociali e popoli”. Tante le cittadinanze onorarie e tanti i riconoscimenti ricevuti negli anni, tra cui il Premio UNESCO per l’Educazione alla Pace (Parigi 1996) e il Premio Diritti umani del Consiglio d’Europa (Strasburgo 1998). A ricordarla, oltre alla presidente dei Focolari Maria Voce, tante autorità civili ed ecclesiali. Persone che sono state, e sono, ispirate da Chiara e dal suo carisma nel proprio agire personale e sociale: Lawrence Chong di Singapore e Stanislaw Lencz della Slovacchia, imprenditori; Amy Uelman, avvocato e docente universitario degli Stati Uniti; il card. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata; Arthur Ngoy e Florance Mwanabute, medici, della Repubblica Democratica del Congo; Alberto Pacher, ex-sindaco di Trento; ed altri ancora.

I parlamentari italiani e il mondo politico

La partecipazione a Trento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella rende omaggio all’impegno civile di Chiara Lubich, commenta ai nostri microfoni Mario Bruno, ex sindaco di Alghero e più volte consigliere regionale, presidente del Movimento politico per l’Unità che lei fondò a Napoli nel 1996. Dall’esperienza di Chiara con i poveri di Trento, da quel suo servire la città vivendo il Vangelo, dice Bruno, all’incontro con un primo gruppo di parlamentari, tra cui Igino Giordani, fino al 2 maggio del 1996 con la fondazione del Movimento politico per l’unità tra persone di diversi partiti uniti dall’essere cristiani e dall’amore vicendevole che Gesù ci ha insegnato, si costruisce quel disegno ampio che Chiara aveva in mente, la fraternità universale. Dunque, quale il valore di Chiara e della sua “cittadinanza” nel mondo? 

chiara

R.- E’ una cittadina italiana che ha onorato il mondo e che soprattutto col suo stile di vita, col suo carisma ha fatto in modo che la politica fosse ciò che è nella sua radice più nobile, ed è stata sempre nell’azione e nel pensiero di Chiara Lubich. Lei la chiamava “l’amore degli amori”.

E la sua attenzione all’altro partita dai poveri di Trento, si è estesa ad un amore per la società, per le società, per le nazioni e per i popoli fino a fondare un Movimento politico per l’unità..

R.- Chiara passa dall’amare ‘gomito a gomito’, al prendersi carico dei problemi della società, ad un amore più grande verso la polis, la politica, la città. Lei diceva che “bisogna amare la patria altrui come la propria. E se un giorno i popoli sapranno posporre loro stessi, gli ideali che sono della loro Patria, a quell’amore reciproco fra gli Stati che Dio comanda, non soltanto tra fratelli ma anche tra popoli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era”.

Per Chiara la dimensione cittadina, la città stessa, era una dimensione importante. Come ci può guidare questa sua visione, oggi?

R. – Chiara ha sempre visto nella città il luogo della normalità ma anche una legge, una legge particolare che lei ci ha indicato e che è quella dell’amore scambievole. L’ho ha fatto a Roma, l’ha fatto in occasione delle 21 Cittadinanze onorarie che ha ricevuto e che non vedeva tanto come un riconoscimento alla sua persona, quanto a questo modo di vivere e di vivere l’amore. Lei voleva fare in modo che nelle città si riportasse il fuoco dell’amore – lo ha detto molto chiaramente – nel rapporto tra persona e persona. Così, in questo modo, “tutto si rivoluziona” diceva: la politica, l’arte, la scuola, la religione, la vita privata, il divertimento. E quando andava in una città, Chiara cercava di capirne la storia, cercava di capirne la vocazione, lo sviluppo sociale, economico e spirituale e vedeva proprio nella città, con le sue fabbriche, con le istituzioni, con le sue università, il luogo dove far nascere proprio un bozzetto nel quale riconoscersi. Lo ha fatto con Loppiano, l’ha fatto con altre 20 cittadelle nel mondo.  E con tutti i cittadini che con lei volevano collaborare, cercava di fare un progetto. A Roma per esempio, il rovescio della parola Roma è AMOR, e allora tante iniziative concrete sono poi nate per mettere in evidenza ciò che andava cambiato nella città di Roma, per i giovani, per i clochard nella stazione Tuscolana, tutte azioni concrete che hanno cambiato certamente il modo anche di vivere la città.

Quindi concretezza, impegno in prima persona, tessere relazioni e rivoluzionare con l’amore i rapporti?

R. – Sì proprio così, fare in modo che nel rivedere la città si potesse riassumere la vocazione della città stessa. E si possono fare tanti esempi: Trento ardente, Roma Amor, Praga d’Oro, Genova La Lanterna, motti che portano in sè una rivoluzione sociale che Chiara voleva si vivesse nelle città, vivendo il Vangelo.

In un momento difficile come questo per l’Italia, in cui ha preso piede sempre di più un sentimento sovranista e dove sembra mancare l’unità, cosa ci dice Chiara?

R. – Ci dice che c’è una unità che valorizza le diversità, le individualità. Chiara credeva nei valori profondi ed eterni dell’uomo prima di ogni impegno politico. Ecco io credo che le singole Nazioni, i singoli popoli, certamente hanno una loro funzione come ce l’ha ogni città, ma hanno soprattutto una vocazione all’unità, che vuol dire, come avviene tra le persone, a volte provare a posporre il proprio popolo, la propria città, la propria appartenenza politica per un qualcosa di più grande. E questa unità, che è interdipendenza, è un grandissimo valore per esempio per l’Europa di oggi, e per il mondo. Quindi il nazionalismo, il sovranismo non hanno nessun significato, se non un significato di “dono” della propria nazione, del proprio popolo, e della propria cultura per un bene più grande.

E a livello istituzionale mondiale, con i tanti riconoscimenti che le sono stati assegnati, Chiara che cosa ha lasciato come impronta, come messaggio?

R. – Chiara era una persona concreta, che prendeva e ha preso il Vangelo sul serio. La rivoluzione sociale a cui Chiara ci chiamava era basata essenzialmente sul Vangelo vissuto e ci ha dimostrato con la sua vita che il Vangelo è vero ed è vero in tutti i campi dell’agire umano, quindi a maggior ragione è vero nella politica. E ce ne dava dimostrazione e ci chiedeva e ci chiede di metterlo in pratica. Tutte le esperienze che noi abbiamo fatto in questo campo, ci dicono che la politica non è una cosa sporca, che la politica è davvero “l’amore degli amori”, ma va vissuta così: sapendo riconoscere anche nell’avversario, un fratello e un fratello da amare, riconoscendo il buono che c’è anche nella proposta dell’altro. Questa idea, questo modo di concepire la politica come forse mai nessuno l’ha concepita, io credo che sia stato colto nelle tante città, sia stato colto là dove Chiara ha seminato, laddove è passata, trasmettendo questo messaggio, che è un messaggio di unità.

Gli organizzatori dei diversi eventi di questo Centenario, continuano a ribadire che non vogliono celebrare un’icona, ma proporre un’occasione per incontrare i frutti della spiritualità di Chiara. Ecco per lei, uomo politico e delle istituzioni, ex sindaco, consigliere regionale, che cosa ha rappresentato l’incontro con Chiara?

R. – Per me la scelta stessa della politica ha avuto questa apertura, questa dimensione che Chiara ci ha affidato. Ha voluto dire non rinchiudersi nel proprio partito, ha voluto dire soprattutto realizzare un patto tra eletto e elettori di rappresentanza reciproca, ma direi anche di confronto e di creazione di strumenti e di modelli per incidere nella società. Allora per me è stata soprattutto la possibilità di amare con un amore più grande e di fare in modo che, con questa arte, si potesse incidere proprio nelle realtà, concretamente.

 

Fonte: VATICAN NEWS