Obama rieletto presidente

Di Franco Gallelli

 

Una vittoria netta, per niente annunciata, dal responso inequivocabile. Per i prossimi quattro anni la politica statunitense sarà, ancora una volta, guidata da Barack Obama.  

In linea con la tradizione made in USA lo sconfitto ha offerto al vincitore i suoi auguri ringraziando i sostenitori in un mesto ma dignitoso discorso a Boston. Romney ha pregato per il nuovo presidente e dichiarato che ora è “il momento di riunire il paese dopo le divisioni della campagna elettorale. Ora dobbiamo superare le divisioni di partito per lavorare”.

Naturalmente restano i dubbi sul come il neo-presidente potrà riuscire a riunire il paese. Lo stesso Obama da una parte dubita dell’efficacia dell’unità degli intenti – “Riconoscere che abbiamo speranze e sogni comuni non mette fine a tutti gli stalli e non risolve tutti i nostri problemi” -, dall’altra sembra intenzionato a proseguire la via dell’unità – “Non vedo l’ora di lavorare con i leader di entrambe le parti per gestire le sfide che possiamo risolvere solo insieme”.

 Sia Obama che Romney, quindi, dichiarano tutta la loro volontà di unire le forze per uscire dalla crisi. Impresa non facile, giacché si tratta di gestire, in tempi rapidi, un massiccio taglio di bilancio ed un aumento delle tasse. E’ noto infatti che il “fiscal cliff”, cioè il precipizio fiscale la cui scadenza è prevista per fine anno, produrrà lo stop alle agevolazioni fiscali introdotte all’inizio del decennio dall’allora presidente Bush.

Il futuro degli americani, post-elezione, sembra, quindi, per niente roseo: si chiede al neo-eletto di mantenere le promesse, soprattutto in relazione alle misure da adottare per superare la pesante crisi economica. Persino nonna Sarah dal Kenia chiede al nipote di mantenere le promesse elettorali.

Gli Stati Uniti d’America hanno percorso una storia densa di avvenimenti fortemente critici: dalla guerra per l’indipendenza, ai due conflitti mondiali, dalla crisi economica del ’29 alla tragedia delle Twin Towers, fino all’ultimo uragano Sandy. Passando da quel fatidico 4 luglio del 1776 (*) ad oggi, tuttavia, bisogna riconoscere che gli americani hanno saputo affrontare ogni sorta di tzunami politico, economico, sociale facendo quadrato, unendo le forze, superando ogni sorta di divisione e conflitto interno.

Sembra che il “sogno americano” continui a produrre i suoi effetti di coesione. E’ innegabile che esso scaturisca da una forte identità nazionale; identità, tra l’altro, espressa da un variegato miscuglio di etnie e culture assolutamente diverse tra loro.

La storia degli USA è storia di unità, lo stesso acronimo “USA” sembra affermare che al mondo esiste un aggregato di Stati che nasce e rimane unito per i secoli. Chi nel mondo propone ogni giorno una vision politica e sociale basata sull’unità del genere umano, sulla fratellanza universale, non può che sentire particolarmente vicino questo popolo e insieme ad esso pensare oltre gli esiti elettorali, oltre la vittoria di Obama e la sconfitta di Romney. 

A chi fare gli auguri, dunque, se non agli Stati Uniti d’America?

 

(*) data  in cui venne approvata la Dichiarazione d’indipendenza presentata dal presidente Thomas Jefferson.