di Maria Novella Topi

ROMA, 9 SETTEMBRE – Sponde non più nemiche, identità comune, storia condivisa, problemi spesso simili. Il Mediterraneo ha urgenza di diventare qualcosa di diverso da quello che è (o viene percepito) oggi: calderone di guerre, di naufragi, di divisioni.

 

Mediterraneo

Il seminario  ”Redefining Intercultural Dialogue in Time of Crisis: a Mediterranean Perspective”,  ospitato dal Ministro degli Esteri e organizzato dall’Istituto Affari Internazionali (IAI) in collaborazione con la Rete Italiana per il Dialogo Euro-mediterraneo (RIDE), capofila della rete ALF (la Fondazione Anna Lindh)  in Italia, ha cercato di porre l’accento proprio su questa nuova visione del mare comune, evocando la creazione di un’agenda ”in positivo” da utilizzare nei prossimi anni, quelli delle sfide più difficili.
Se il moderatore del dibattito, il Presidente della Commissione Cultura dell’Assemblea Parlamentare dell’Unione del Mediterraneo, Khalid Chaouki (foto 2), ha parlato chiaramente di ”grande responsabilità del Parlamento italiano nella regione”, Pasquale Ferrara, ambasciatore d’Italia ad Algeri (foto 1), e Ettore Greco (Iai, New Med) hanno insistito sul recupero della comune identità tra sponda Nord (l’Europa meridionale) e Sponda Sud del Mediterraneo. Per Greco una delle necessità prioritarie è cominciare a lavorare ”non solo con i partner tradizionali, ma anche con quelli che rappresentanto le società, le culture e le fedi” di quei paesi. Ferrara non ha mancato di sottolineare come ”troppo spesso dimentichiamo di avere anche una cultura e una storia comuni”.

Khalid Chaouki

Ridefinire il dialogo interculturale nel Mediterraneo è l’unica strada per uscire dalla situazione in cui si trova la regione. C’è bisogno di “costruire insieme una nuova identità culturale comune”, ha detto  Ferrara, evocando esplicitamente non una visione euro-centrica ma una visione euro-mediterranea.
”Bisogna essere creativi – ha esortato Elizabeth Guigou, della Fondazione Anna Lindh (foto 3)– affrontare i problemi in modo ‘transfrontaliero’, guardare oltre i confini dell’Europa”.

Mediterraneo

E’ vero, i problemi sono enormi, ma comuni: immigrazione, terrorismo, crescita del fondamentalismo islamico, ma anche sviluppo, disoccupazione giovanile, crescita e disuguaglianze: c’è forse qualcunqo di questi temi che non tocchi entrambe le sponde del Mediterraneo?  Per Guigou, occorre anche ”inventare nuove forme di mobilità, e inviare messaggi positivi…”. “Abbiamo cosi’ tanti legami che dobbiamo costruire un destino comune”,
Per avere un vero dialogo interculturale bisogna conoscere l’altro, e per farlo, “è necessario utilizzare ogni mezzo, ogni strumento”, anche la tecnologia.

L’estremismo, ha ricordato Guigou, scorre lungo la rete, “ma internet può essere utilizzato per contrastare la diffusione di questa ideologia deviata’’.

MediterraneoNel panel successivo, Caroline Robertson von Trotha, del Karlsruhe Institute of Technology, ha affrontato il tema dell’integrazione sospinta  dai giganteschi flussi migratori di questi ultimi anni. Von Trotha ha in particolare raccontato la situazione della Germania (paese che ha accolto un numero immenso di profughi e migranti) descrivendo un processo di integrazione ”a strappi”, in cui la percezione dei fenomeni è a volte molto diversa. ”In Germania – ha rilevato – esistono come delle ‘società parallele’ che hanno reazioni divrse, e a volte contrastanti, rispetto al fenomeno dei migranti… il sentimento anti immigrazione è spesso più forte dove vi sono meno immigrati e addirittura i migranti di prima generazione si oppongono a quelli che arrivano adesso”.

MediterraneoLa paura di perdere i primi ‘bonus’ di accoglienza che la Germania ha accordato a chi arrivava, la difficoltà di alcune riunificazioni familiari, episodi di harrassment come quelli avvenuti al capodano di Colonia, hanno spesso creato un clima di scetticismo e alimentato gli stereotipi. Non a caso l’ultima sconfitta elettorale alle regionali del Meclemburgo – feudo di Angela Merkel – si è giocata proprio sul tema dell’immigrazione, in una zona dove gli immigrati sono pochissimi. Il voto ha premiato, come in altri paesi nord europei, la destra populista.
Von Trotha ha dunque invitato a stimolare ”lo studio del passato, quello delle identità, il ruolo delle donne e la questione delle differenze” in funzione di reciproca comprensione.

Sulla necessità di avere una identità mediterranea e un messaggio chiari, basata su un dialogo culturale per potere ripartire, ha insistito Enzo Amendola, sottosegretario agli Affari esteri (foto 5), concludendo i lavori.”Guardando agli errori passati – ha detto – dobbiamo imparare a trovare punti d’incontro, ma anche a dissentire”. L’obiettivo, ha detto,  è quello di “proteggere il nostro patrimonio culturale comune”, passato e presente, e difenderlo da quella idea “totalitaria di volerlo cancellare”. Servono infine, “un’agenda positiva per il Mediterraneo, una partnership in grado di definire una nuova visione geopolitica”, in sintesi, “una visione futura comune che punti soprattutto sui giovani dell’area per risolvere le sfide davanti alle quali il Mediterraneo si trova”.  Citando il migration compact, Amendola ha puntato l’attenzione sull’ idea di una ”nuova cooperazione tra Europa e Africa. Le due sponde della regione mediterranea dovranno creare partnership per il futuro: condividiamo speranze, rischi ma anche la possibilità di crescita culturale ed economica”. “Se guardiamo a noi non come il centro ma come la connessione tra tre continenti, vediamo una prospettiva, una possibilità “, con “una visione futura comune”.