Intervista a Jennifer Nedelsky

Di Luigino Bruni

 

NedelskyDocente di filosofia della politica in Canada, tra le voci più innovative nel dibattito sui temi della cura, dei diritti e delle relazioni sociali, è stata intervista da Luigino Bruni in occasione di una sua recente visita in Italia presso lo IUS.
 Ad incontrare la studiosa, che insegna all’Università di Toronto è stato Luigino Bruni, docente di economia alla Lumsa di Roma oltre che a Sophia, e coordinatore internazionale  di Economia di Comunione. Riportiamo alcuni stralci del loro interessante dialogo, che è possibile leggere per intero sul sito di Avvenire.
 Bruni. Una grande priorità nella nostra epoca che, invece e purtroppo, resta molto sullo sfondo della vita delle democrazie, è il profondo ripensamento del rapporto tra lavoro e cura, e quindi tra uomini e donne, giovani e anziani, ricchi e poveri. Senza una svolta collettiva e seria nella cultura della cura in rapporto alla cultura del lavoro, è la democrazia e l’uguaglianza tra le persone che vengono sostanzialmente negate.
 
Nedelsky. Io non sono contraria in assoluto al “mercato della cura”. (…) Ciò che differenzia il mio approccio da altri (penso a chi propone un salario per le casalinghe) è che vorrei che tutti i cittadini adulti (uomini e donne, di ogni ceto e classe sociale) si dedicassero ad attività di cura gratuite (cioè non retribuite), vorrei che si occupassero della cura di se stessi invece di “comprare” sul mercato qualcuno che lo faccia per loro, e vorrei che si occupassero anche della cura della propria famiglia, dei propri genitori, e anche delle proprie comunità di appartenenza. Almeno per 12 ore alla settimana. (…)
 
 
Bruni. Vorresti che questa “cura per tutti” diventasse obbligatoria?
 
Nedelsky. Ogni norma è obbligatoria, anche se le forme di enforcement, di applicazione, variano in base al tipo di norma. Ciò che ritengo molto importante è che la norma che io propongo (“cura part-time per tutti e lavoro part-time per tutti”) non sia imposta dall’alto dallo Stato e dalla sua legge, ma diventi efficace in seguito ai potenti meccanismi di stima e di biasimo sociale. Faccio un esempio, e non lo scelgo a caso: a causa delle norme sociali oggi vigenti a proposito del rapporto uomo-donna, le donne fanno un enorme quantità di lavoro non pagato dentro casa, e questo solo a causa di norme sociali molto efficaci e fondamentali nella nostra vita. Questo dimostra che tutte le norme “obbligano” non solo quelle di legge. (…)
 
 
Bruni. Mi pare evidente che un tale cambiamento culturale deve partire non solo dalla famiglia, ma anche dalla scuola.
 
Nedelsky. Sì, sto riflettendo molto sulla scuola. Sono convinta, per esempio che, prima di laurearsi, un/a giovane dovrebbe essere capace di pianificare il menu settimanale, conoscere i suoi costi, sapere dove fare le spese e come cucinare le merci che compra. Ogni persona adulta dovrebbe saper fare queste cose, e non affidarle né soltanto al mercato né soltanto alle donne, anche perché nessuno ha il diritto di pensare che ci siano altri che possano fare queste cose al suo posto.
 
 
Bruni. È come dire che ci sarebbe bisogno di un cambiamento dell’idea di “stima sociale”. (…) Condivido in pieno. Ma non credi che ci siano dei lavori che per natura richiedono molto impegno e molte ore di lavoro per raggiungere l’eccellenza (medicina, scienza, politica, sacerdoti, sport …)?
 
Nedelsky. Il mio sistema consente di poter sviluppare l’eccellenza, assolutamente. Se sei uno scienziato e stai conducendo un esperimento complesso, puoi e devi lavorare anche 12 ore in un giorno e 90 in una settimana. Ci sono molti lavori che richiedono periodi molto intensi. Ma dopo devi recuperare, e prendere giorni liberi. Le mie trenta ore sono una media indicativa di lungo periodo. Ma nessuno deve poter dire: “Il mio lavoro è molto importante, e qualcun altro deve lavare i miei calzini”.
 
(…) Dobbiamo essere coscienti che il nostro capitalismo sta andando oggi nella direzione opposta: negli Usa le ore di lavoro settimanali sono ormai 47-48 in media. Io vorrei un cambiamento culturale nella famiglia, nelle imprese, nella politica. Ma subito, cominciando ora a educarci a una diversa idea di eccellenza, dove l’eccellenza si allarghi alla nostra capacità di amare, di prenderci cura degli altri. Invece di dire: “Sei un dottore eccellente”, iniziare a dire: “Sei una persona eccellente, perché oltre a lavorare ti occupi di te stesso e della tua comunità”. Eccellenza nella vita, e non solo nel lavoro.
 
 
Bruni. È come se tu ci invitassi a cercare una nuova fioritura umana “relazionale”.
 
Nedelsky. Sì, è una nuova idea di “successo” o di “fioritura umana” quella di cui abbiamo bisogno, dove il lavoro e il denaro siano ridimensionati, e i criteri di successo siano molti. Ma non voglio abbandonare il lavoro: io amo il mio lavoro, e spero che sempre più persone possano lavorare seguendo la propria vocazione, e, insieme, avere tempo per fare le tante altre cose che amano.

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